Piccole storie di pesca in acque dolci
Collana: Piccola filosofia di viaggio
Il grande Kurt Vonnegut diceva di sé: «Noi siamo americani della zona dei Grandi Laghi: gente d’acqua dolce, non marinara, bensì dell’entroterra. Ogni volta che faccio il bagno in mare mi sembra di nuotare nel brodo di pollo». L’acqua dolce, quella dei laghi, ma soprattutto quella dei fiumi e dei torrenti, ha un odore uguale ovunque, un odore che entra nelle narici e conferma quello che da sempre si cerca su quelle sponde. La libertà. Pescare è una pratica, prima ancora che un sentimento. Ma spesso si diventa pescatori perché si prova a risolvere un enigma che non ha soluzione: per entrare nel mondo che sta sott’acqua si va a caccia dei suoi abitanti. E questi abitanti con le pinne, furbissimi e colorati, diventano presto un’ossessione, una specie di “Grande Trota”, come Moby Dick per il capitano Achab. Più ci si innamora di quel mondo, più ci si rende conto della contraddizione: si cattura, spesso si uccide l’oggetto del desiderio. Si vive e si risolve in se stessi il dilemma dell’amore e della morte. La risposta non la troveremo mai, ma ci accompagnerà per sempre nelle narici quell’odore misto di acqua e di vita.
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