Viaggio in bicicletta dal Nordest alla Grecia inseguito dalla ire di Poseidone
Collana: Altreterre
La meta è Atene, là dove si addensa quel retaggio di cultura e di mito che ha fatto noi Occidentali, e più dentro ancora nel mito la destinazione è Maratona, là dove duemilacinquecento anni fa si è decisa la nostra
differenza dagli altri. Per arrivarci devi costeggiare quell’Adriatico che è così vicino all’Italia ma che per tanti versi è altro mondo. Curiosa ambivalenza per cui il mare unisce ma al di là continua a esserci deserto, guerra, strade bianche e rocce calcinate. La guerra dei Balcani non è così lontana e se guardi bene una terra ne trovi ovunque. E poi c’è l’Albania, che è Occidente ma è ancora percepita dai più come pericolosa, arretrata, fuori dal tempo, decisamente ignota. È questa idea che ha fatto partire Paolo Venti, l’idea di arrivare alla patria sognata della classicità attraversando la barbarie moderna o quella che spesso viene identificata come tale. Per poi scoprire che avvicinandosi alle cose le differenze sfumano, senza bisogno di retorica o buonismo. La bicicletta obbliga a stare accanto alla gente, soprattutto se si viaggia con una tendina da quattro soldi, se si dorme negli orti o in qualche stradina poco frequentata, se sudati di pedali si incontra gente sudata di lavoro e si finisce a bere birra come se ci si conoscesse da sempre. Senza sapere una parola della loro lingua, con la sensazione di avere così tanto in comune da potersi capire bene a gesti e pacche sulle spalle. Viaggiare così è girare nel tempo, dalla Tirana di Hoxha all’Atene di Pericle, dall’Itaca di Ulisse al ponte di Mostar bombardato e ricostruito.
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